Non è semplice definire in modo univoco il Viet Nam: il suo carattere nazionale sfugge ad un inquadramento preciso, è un Paese che si differenzia dai suoi vicini del Sud Est asiatico pur condividendone molti aspetti storici e paesaggistici. Il Viet Nam è un pezzo unico nello scacchiere indocinese e la sua immagine è quella del Drago, creatura mitica ed indomabile, simbolo di forza e di vitalità. Per capire ed apprezzare questo Paese, il viaggiatore deve cancellare dalla mente qualsiasi idea preconcetta, qualsiasi pregiudizio, qualsiasi immagine che possa aver preso forma dopo la visione di qualche film americano oppure dopo la lettura di qualche libro ambientato durante il colonialismo francese. Il Viet Nam, per essere compreso e piacere, richiede una mente aperta, pulita da sovrastrutture o aspettative errate che ne possano inquinare la percezione effettiva.
Il Viet Nam oggi è un Paese dinamico, lanciato verso la modernità, giovane ma con un’attitudine determinata che gli deriva da una lunga e spesso complicata Storia. Chi vi cerca le immagini bucoliche tratteggiate da Marguerite Duras nel romanzo “L’amant”, ambientato durante l’Indochine francese degli anni Trenta del secolo scorso, non può che rimanere deluso.
Il fiume Mekong è una via commerciale importante, il suo delta è solcato da imbarcazioni gonfie di merci e solo alle primissime luci dell’alba si scorgono ancora mercatini galleggianti con contadini e pescatori che si scambiano i prodotti da una barchetta all’altra. Saigon e Hanoi sono megalopoli brulicanti di vita, ricche di cultura e di vitalità, attraversate ad ogni ora da migliaia di biciclette, risciò e soprattutto motorini. La gente è vestita per lo più all’occidentale, è indaffarata a seguire i propri affari, è veloce ed efficiente, parla molto spesso anche una lingua diversa dal vietnamita.
Il Viet Nam non è più il Paese ferito e agonizzante dipinto nell’immensa filmografia americana dedicata al drammatico conflitto del secolo scorso. Gli alberi sono ricresciuti dopo le devastazioni del napalm, la terra ha digerito pure i gusci di quelle enormi bombe scaricate dai B52 americani, i vietnamiti hanno combattuto e cacciato l’invasore, hanno riunificato il Paese sotto un’unica bandiera rossa con la stella gialla in centro, hanno riconquistato il proprio orgoglio, lo stesso che in epoca imperiale li aveva mossi più volte a combattere contro i cinesi e successivamente contro i colonizzatori francesi; la pagina di quella Storia è stata voltata e ora il Viet Nam guarda avanti. In un certo senso gli USA hanno sì perso la guerra, ma andandosene hanno lasciato nei campi arsi dagli acidi il seme del capitalismo e del liberismo economico: oggi quel seme è germogliato e l’albero che è cresciuto ha le sembianze delle luci al neon dei negozi di Da Nang, dei grattacieli in acciaio e vetro delle banche di Hanoi, delle infinite schiere di motociclette luccicanti al sole allineate davanti alle fabbriche di Saigon…
Tutto questo in sé non sminuisce la bellezza di un viaggio in Viet Nam, ma è fondamentale capire il contesto in cui ci si muoverà per poterlo apprezzare al meglio, senza delusioni. Le campagne in Viet Nam assomigliano in genere ai nostri campi coltivati della pianura padana, con frequentate strade che ne delimitano i confini, con macchinari vari in azione, con fili della luce e relativi pali che li attraversano, con abitazioni e case che sorgono ai loro bordi. A meno di allontanarsi dalle città, a meno di arrampicarsi a Nord tra le montagne o nella zona etnica di Sapa, chi parte per il Viet Nam con l’idea di fotografare il bufalo nell’acqua di una remota risaia ed il contadino col cappello conico che pigramente lo guida, probabilmente resterà deluso. Chi parte per il Viet Nam pensando di essere l’unico visitatore che ci mette piede dai tempi in cui Tiziano Terzani lo frequentava come giovane corrispondente di guerra, rimarrà amareggiato nello scoprire che l’industria turistica locale è oggi organizzatissima e capillare, tutte le attrazioni sono frequentate non solo da migliaia di stranieri, ma anche da circa 18 milioni di vietnamiti che ogni anno si spostano all’interno del Paese in veste di turisti.
In questo scenario è assolutamente possibile visitare con soddisfazione il Viet Nam e vivere una gratificante esperienza di viaggio, così come è incantevole visitare Piazza dei Miracoli a Pisa nonostante sia costantemente affollata dal turismo di massa. La baia di Halong, per esempio, è un ambiente unico e straordinario, non a caso definita dai locali “l’ottava meraviglia del mondo”: centinaia di isolotti, faraglioni calcarei, scogli, grotte scavate nella pietra arenaria emergono dalle acque pacifiche del golfo del Tonchino, in uno scenario che alterna momenti di suggestiva bruma ad altri in cui il mare assume un brillante color verde smeraldo. Decine di giunche punteggiano con le loro vele gialle e rosse lo scenario della baia, anche qui non si è mai soli, i punti di sbarco – spiagge, grotte o punti panoramici che siano – sono prefissati per tutte le imbarcazioni, ma sapendolo prima ciò non toglie il fascino di un’esperienza davvero incantevole… personalmente suggerisco di pernottare a bordo delle giunche, magari scegliendone una di piccole dimensioni: sorseggiare un aperitivo mentre cielo e mare sfumano nei colori del tramonto, assaporare prelibati piatti di pesce freschissimo sulla terrazza della giunca, ammirare le stelle ed un’unghia di luna che si riflettono nel nero profondo dell’acqua sono emozioni che solo in Viet Nam sa dare.
Un altro luogo da non perdere, a mio parere, è Ninh Binh: questa regione a prima vista è davvero poco attraente, a causa dei suoi cementifici, della sua massiccia urbanizzazione e delle decine di autotreni che la attraversano stracarichi di container diretti ai porti sulla costa. Ma proprio dove la catena montuosa annamitica si sgretola in prossimità del mare, sorge un ambiente unico e fiabesco disseminato di blocchi rocciosi che assomigliano alle scaglie di un immaginario Dragone. Man mano che il “sampan” si allontana a remi dal molo di Trang An il rumore della civiltà si affievolisce e dopo aver attraversato la prima di innumerevoli grotte scompare del tutto, inghiottito dal silenzio e dalla pace di questo scorcio di paradiso. La barchetta si insinua tra la vegetazione galleggiante che a maggio imbiondisce e lascia spazio a incredibili risaie.
La capitale Hanoi sprigiona un fascino unico che la distingue da tutte le altre caotiche megalopoli asiatiche: a fianco dei grattacieli, delle autostrade e delle luci al neon colorate, Hanoi mantiene un sapore di altri tempi, un nobile distacco che traspare nei suoi boulevard alberati, nei suoi edifici coloniali e nella sua elegante ricchezza culturale. Passeggiare nel vecchio quartiere francese è un’esperienza che da sola vale un viaggio in Viet Nam: è d’obbligo ritagliarsi almeno mezza giornata del proprio viaggio per soffermarsi a guardare le vetrine delle innumerevoli boutiques, per sorseggiare un profumato caffè accompagnato da un dolcetto appena sfornato in una pâtisserie oppure per abbandonarsi alle lusinghe dello street food locale innaffiato da qualche boccale di eccellente birra artigianale.
Ed in effetti la gastronomia è un’altra eccellenza di questa ricca terra, bagnata da centinaia di chilometri di mare pescoso e resa fertile dall’alternanza di sole e pioggia secondo gli ancestrali ritmi dei monsoni. Qui, più che altrove in Oriente, ho trovato una piacevole influenza della cucina francese sulla gastronomia locale: per esempio è molto diffusa l’abitudine di cominciare il pasto con un paio di fette di baguette tiepide affiancate da un piattino contenente qualche ricciolo di burro. Non mancano anche ispirazioni culinarie dal retrogusto cinese e giapponese, così come non è difficile trovare ristoranti che propongono piatti occidentali per chi desidera una pausa dai sapori speziati. Molti locali ed alberghi propongono interessanti “cooking lessons” per imparare dagli chef locali l’arte di trasformare gli ingredienti e le erbe fresche acquistate al mercato in deliziosi piatti saporiti.
Il Viet Nam di oggi è un formidabile libro aperto sulla Storia, un libro le cui pagine non sono ingiallite dal tempo, ma anzi sono mantenute vivide nel ricordo grazie alle innumerevoli testimonianze di cui è disseminato il suo territorio. Passeggiare di sera nelle stradine presso il lungofiume di Hoi An è un tuffo nel XV secolo, quando il mare lambiva le sue strade e i commercianti portoghesi, olandesi, inglesi, francesi e soprattutto cinesi e giapponesi vi approdavano con i propri bastimenti carichi di spezie, tessuti e merci varie. I magazzini e gli empori commerciali di un tempo, fusi con le residenze e le abitazioni raffinate dei mercanti, esistono tuttora mirabilmente conservati. Anzi, gli attuali abitanti, forse memori della loro antica vocazione mercantile, ne rivivono gli antichi fasti trasformandoli con gusto in negozietti, boutiques, laboratori artigianali, gallerie e ristorantini.
Chi desidera approfondire le tematiche legate al conflitto che ha insanguinato il Viet Nam nella seconda metà del secolo scorso, non solo troverà interessantissimi musei e siti, ma anche interlocutori che sapranno dare informazioni di prima mano su quei tragici eventi. La guerra con gli USA ha toccato tutta la popolazione e ho trovato che i vietnamiti non hanno alcun imbarazzo a raccontare i propri ricordi, i propri aneddoti, le proprie dolorose esperienze o quelle dei propri parenti stretti, le proprie personali interpretazioni di quegli eventi drammatici che spesso hanno sfumature differenti a seconda che chi parla sia del Nord o del Sud del Paese. Per chi come me ama la Storia è un’esperienza unica visitare il Mausoleo di Ho Chi Minh ed il suo museo ad Hanoi, fondamentali per capire un’ideologia che dai tempi dello “zio Ho” si è trasmessa fino ai nostri giorni assumendo forme totalmente diverse da quelle originarie; la prigione Hoa Lo detta “Hanoi Hilton” dagli avieri americani abbattuti che qui venivano condotti in detenzione; le zone di guerra lungo il cosiddetto “Sentiero di Ho Chi Minh”, come i tunnel scavati sotto terra dai Viet Cong a Cu Chi non lontani da Saigon o le caverne di Vinh Moc dove un intero villaggio fu ricostruito 30 metri sotto terra per resistere ai pesanti bombardamenti americani nella cosiddetta “zona demilitarizzata” a nord di Hue.
Di primo acchito sembra che i vietnamiti non siano particolarmente simpatici ed ospitali. Chi arriva dal Laos o dalla Cambogia può male interpretare il dinamismo e la determinazione dei vietnamiti rispetto all’attitudine rilassata e alla “testa tra le nuvole” dei loro vicini. Per apprezzare appieno i vietnamiti ancora una volta bisogna assumere un atteggiamento aperto e senza preconcetti: solo così, senza fare paragoni o distinzioni inutili, si potrà entrare in sintonia con questo popolo e stimarne i tratti salienti del carattere… quali efficienza, organizzazione, dinamismo, rispetto per il passato ma sguardo rivolto al futuro, armonia e pluralità religiosa, equilibrismo tra politica socialista e capitalismo economico, fusione tra modernità e valori tradizionali.
“Senti, Forrest… Avevi paura in Vietnam?”. “Sì. Beh, io… non lo so. Qualche volta smetteva di piovere abbastanza a lungo da far uscire le stelle. E allora era bello. Era come poco prima che il sole va a coricarsi nella palude. C’erano più di un milione di scintille sull’acqua. Come quel lago di montagna. Era così pulito, Jenny, sembravano come due cieli, uno sopra l’altro”
(dal film Forrest Gump)
(Very special thanks to Giovanni, ms Anh, Fabio, Andy and Binh who taught me how to love this amazing country)