Sembra la trama di un film girato a Bollywood, la mecca del cinema indiano. Invece è realtà, una sequenza di eventi che fa riflettere sul destino e sui suoi imperscrutabili intrecci.
Corre l’anno 1988 e un ragazzino sta guardando le diapositive di un viaggio che i suoi genitori hanno da poco concluso in India e Nepal. Destinazioni lontane, esotiche, misteriose agli occhi di quel ragazzino. Le foto più suggestive sono state scattate a Varanasi, i gradoni in pietra ed i colori sfumati dell’alba sul Gange, una guida indiana fa capolino in alcune immagini, il magnifico turbante rosso dei Sikh, sguardo fiero ma gentile, barba nera e baffi arricciati all’insù. Quel ragazzino cresce, completa gli studi, intraprende un lavoro che ha a che fare con i viaggi, specialmente i viaggi in Oriente.
Corre l’anno 2007 e quel ragazzino ormai cresciuto si trova in India, accompagna un gruppo di pensionati in Rajasthan. La guida indiana è un signore affascinante, un Sikh, con un elegante turbante rosso, la barba ed i baffi arricciati all’insù. E lo stesso sguardo fiero, ma gentile. Impossibile, dopo tanti anni, che il ragazzino allora delle medie si ricordi quel frammento di fotografia scattata quasi dieci anni prima. Insieme alla guida indiana c’è il figlio. Un giovane Sikh che parla inglese e poche parole di italiano, legatissimo al padre, di cui desidera seguire le orme per diventare una guida ed accompagnare i viaggiatori italiani a scoprire la magia dell’India: è subito amicizia, anzi Amicizia. Due persone sconosciute, che hanno vissuto fino a quel momento in mondi diversi, culture diverse, a 7000 km di distanza, si incontrano per caso (per caso ?) ed è come se si conoscessero da sempre, come se fossero amici da una vita (una sola ?).
Corre l’anno 2008 ed il richiamo dell’India per quel ragazzino cresciuto è troppo forte, deve ritornarci e stavolta vuole accompagnare, per la prima volta “da professionista del viaggio”, i propri genitori. L’orgoglio si mescola alla soddisfazione, l’India incanta ed è un crescendo di emozioni che culminano nella tappa di Varanasi, la città sacra, il luogo dove vita e morte, giorno e notte, luce e buio si abbracciano in eterno. L’umanità si trova a Varanasi, migliaia di pellegrini che si recano al fiume Gange e diventano anch’essi fiume. Inghiottiti dai flutti di questo fiume vociante che conduce al fiume silenzioso, i due amici si re-incontrano, per caso (per caso ??), gli occhi si sgranano e ai rispettivi genitori viene un tuffo al cuore: sono passati vent’anni, ma si riconoscono come in un’illuminazione siddhartica, è il colpo di scena pensato dallo sceneggiatore di questa trama da film di Bollywood.
Il giovane Sikh decide di percorrere a ritroso le vie carovaniere dei suoi antenati e tra mille peripezie giunge in Italia: nella sua vita sono entrati un angelo biondo e poi un diavoletto biondo, dalla sua finestra non vede più il fiume sacro, ma il mare.
Corre l’anno 2015, una leggera bruma avvolge questo angolo di profondo Nord, la sera è fredda, ma la sala gremita: c’è un giovane Sikh che parla, racconta della sua Terra, espone le bellezze del suo Paese con l’aiuto di immagini suggestive, la platea è rapita, a tutti viene voglia di partire. Nelle prime file ci sono i genitori di quel ragazzino che nel 1988 guardava con curiosità le loro diapositive. E poi c’è lui: chiudo gli occhi e lo vedo, con il turbante rosso, la barba ed i baffi arricciati all’insù, con lo sguardo fiero, ma gentile. E oggi anche colmo di orgoglio, mescolato a soddisfazione.

“In India si dice che l’ora più bella è quella dell’alba, quando la notte aleggia ancora nell’aria e il giorno non è ancora pieno, quando la distinzione fra tenebra e luce non è ancora netta e per qualche momento l’uomo, se vuole, se sa fare attenzione, può intuire che tutto ciò che nella vita gli appare in contrasto, il buio e la luce, il falso e il vero non sono che due aspetti della stessa cosa. Sono diversi, ma non facilmente separabili, sono distinti, ma non sono due. Come un uomo e una donna, che sono sì meravigliosamente differenti, ma che nell’amore diventano Uno” Tiziano Terzani